Recensione: Charles Simmons, Acqua di mare

Charles Simmons
ACQUA DI MARE

Edizioni Sur | pp. 135 | € 15
Traduzione di Tommaso Pincio

«Nell’estate del 1963 mi innamorai e mio padre annegò». Si apre così, senza possibilità di replica, senz’appello si potrebbe dire, l’ennesimo romanzo di formazione in cui un ragazzo di 16 anni si confronta con i compiti della crescita. In un’America ancora abbastanza ingenua, l’estate che Michael passa di solito in tutta tranquillità con la famiglia nella precaria casetta di fronte al mare viene sconvolta dall’arrivo di una coppia madre-figlia che affitta un paio di locali vicini alla casetta. La madre, divorziata, apparentemente rivaleggia con la mamma di Michael per il marito, Peter, e la figlia, la bellissima Zina, entra nel cuore di Michael, ribattezzato Micha, rubandolo all’amica di più lunga data Melissa. Quelli che paiono conflitti separati da barriere generazionali si uniranno però in una situazione classicamente edipica, cui la frase d’inizio allude più che chiaramente. Uno svolgimento in crescendo che, favorito anche dalla brevità della vicenda, non deluderà certo il lettore.

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